La sostenibilità e l’economia circolare dell’abbigliamento da lavoro vertono sulla gestione della sua creazione, gestione, fine vita e recupero. In questo articolo ci concentriamo sulla fase della creazione, ti parlerò della certificazione OCS nell’abbigliamento da lavoro, creata con il fine di garantire uno sviluppo sostenibile e responsabile nel settore tessile in generale, ma che noi analizzeremo sotto il punto di vista dell’abbigliamento da lavoro, con i suoi pregi, i suoi limiti, le sue problematiche.
Quindi mi riferirò solo alla fase della creazione dell’abbigliamento da lavoro (per la gestione della vita degli indumenti clicca qui, per il recupero degli indumenti a fine vita clicca qui).
La parola OCS, molto ricorrente nel mondo tessile, significa Organic Content Standard ovvero, tradotto in italiano, standard di contenuto organico. Questa certificazione è stata ideata e promossa da Textile Exchange che è una organizzazione non–profit per lo sviluppo sostenibile e responsabile nel settore tessile.
La certificazione OCS si utilizza principalmente per garantire l’origine biologica del cotone, che oggi rappresenta circa l’1% delle piantagioni di cotone.
Per intenderci la OCS verifica su un prodotto finito, tipo un capo di abbigliamento, la presenza del materiale (cotone) biologico e traccia l’approvvigionamento dei materiali che lo compongono, ma non prende in considerazione:
Per ottenere la certificazione OCS ci si sottopone a una verifica da parte di un ente terzo che assicura che all’interno del tessuto vi è un certo quantitativo di fibre naturali da agricoltura biologica e ne assicura la tracciabilità, lungo tutta la filiera produttiva.
La caratteristica particolare della certificazione OCS è che può essere realizzata a due livelli chiamati:
Il primo livello è facilmente raggiungibile dalla maggior parte dei produttori di tessuto e può essere facilmente applicato nel mondo dell’abbigliamento da lavoro, ma è molto poco indicativo di un reale impegno alla sostenibilità ambientale dato che un quantitativo minimo del 5% di tessuto organico su un restante 95% di tessuto non organico non ha un grande impatto sul sistema ambiente.
Il secondo livello di contro è molto restrittivo e non molto applicabile al mondo dell’abbigliamento da lavoro in quanto è molto raro trovare dei capi che possano contenere oltre il 95% di fibra naturale, che sia organica o meno. In genere nel mondo dell’abbigliamento da lavoro il cotone o le altre fibra naturali si mischiano con altre fibre di origine industriale per garantire le resistenze e le caratteristiche di durata e usabilità necessarie affinché il capo possa rendere al meglio e non rischiare di essere eliminato prima di un certo periodo di tempo.
Questa certificazione appare molto utile per applicazioni che vanno dal campo abbigliamento moda e casual e arredamento, poco per quanto riguarda l’abbigliamento da lavoro, sia nel livello meno restrittivo che rischia di essere troppo blando per certificare un reale impegno green dell’azienda, che nel livello più restrittivo che non permette l’utilizzo dei tessuti attualmente più adatti al mondo del workwear.
Qualche cliente/utilizzatore finale chiede di comunicare, nelle specifiche tecniche di un prodotto certificato Organic Content Blended, la quantità di tessuto biologico utilizzato (se oltre il 5%, qual è la percentuale contenuta nel tessuto?), ma questo punto non fa parte della certificazione e quindi non si può certificare
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